Di Paola Scialpi
Spazio Espositivo
Via Molino Delle Armi, n. 5 - Milano
Dal 26 aprile al 13 maggio 2007
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Nel tuo Sorvegliato dai fantasmi per peQuod racconti ombre e contraddizioni di una contemporaneità sempre più annichilente e oppressiva nel suo fagocitare la quotidianità. Oggi si parla molto di precariato e letteratura, letteratura e precariato (penso a Vita precaria e amore eterno di Mario Desiati) quasi come se fossero non dicotomie ma un unico corpo testuale e mitopoietico. Che strada ha deciso di prendere oggi, secondo te, la letteratura italiana?
Ci sono un mucchio di faccende che oggi premono l’essere umano occidentale (poi nel nostro caso italiano, che è quello che siamo tu e io): l’utilizzazione delle scoperte scientifiche che esige un surplus di etica (e come deve essere fatta questa etica? come facciamo a farla crescere? da dove deve venire?), l’integrazione o il contrasto con le popolazioni di religione diversa, via via fino ad arrivare al precariato. Ora: siccome uno scrittore è prima di tutto un “essere umano di sangue caldo e nervi”, può anche darsi che quando scrive si occupi di alcune di queste faccende perché lo toccano, lo interessano, lo investono nella sua quotidianità.
A questo punto possono succedere due cose: o si ratifica la realtà, cioè ci si fa prendere dall’esistente descrivendolo, raccontandolo, testimoniandolo ecc., oppure si cerca di trascenderla la realtà, e mentre si descrive, racconta, testimonia ecc. si va oltre, si cercano soluzioni, si cerca di vedere i fantasmi che si agitando nel domani o addirittura già nell’oggi. La letteratura dei nostri anni, come la letteratura di sempre, tiene vive queste due strade. È mainstream quella della ratificazione della realtà (quanti libri sul precariato hai visto negli ultimi anni?) e sottotraccia l’altra, ma ci sono entrambe e sono importanti entrambe dandosi nutrimento l’un l’altra.
“Ore piccole” è il tuo blog, ma anche una rivista. Puoi provare a ricucire le trame di questa tua doppia esperienza redazionale?
“Ore piccole” è il trimestrale di letteratura e arte fondato e diretto da un anno e rotti a questa parte da Stefano Fugazza e da me. Il blog, che sta al centro del sito della rivista, serve a creare un dialogo tutt’intorno alla pubblicazione cartacea, a incontrarsi, a scambiarsi idee e proposte. Insomma c’è una gerarchia: quello su cui puntiamo come “prodotto finito” è la rivista mentre quello su cui puntiamo come “humus” è il web, che con un po’ di distinguo e navigazione fa incontrare esperienze di qualche interesse, anche se in piccola percentuale.
Quello che mi rende perplesso è il web che si autoalimenta e poi salta fuori. Ti spiego partendo dalla televisione: prima viene il teatro, il circo ecc. e quando la televisione nasce li trasmette e allo stesso tempo chiama gli attori, i cantanti, le ballerine ecc. a fare programmi direttamente negli studi televisivi. Insomma: la televisione nasce nutrendosi d’altro e va avanti così per un po’ finché inizia a farsi forte di professionisti che nascono e si preparano proprio per fare televisione. Questo fino a pochi anni fa, quando arriva “l’era degli incapaci”, ovvero del Grande Fratello. Persone che non vengono né dallo spettacolo (come nella prima fase) né da una preparazione specifica si trovano a farsi deridere con l’esibizione di ignoranza, animalità ecc. finché riescono a passare da persone a personaggi. Tali personaggi li crea la televisione stessa, poi li sposta in altri programmi (i salotti della domenica pomeriggio, ad esempio, o i talk-show) e fa finta che siano capaci di fare qualcosa. Alla fine viene il momento in cui questi personaggi escono fuori: vanno in discoteca, fanno i padrini alle manifestazioni, fanno il cinema ecc.
Ecco: secondo me col web sta succedendo così. All’inizio era il mezzo di comunicazione e scambio di realtà diverse ben solide nel mondo (non so: ditte, quotidiani, produttori, società ecc.), poi poco a poco è diventato un posto in cui provare a diventare personaggi laddove non si riesce a esserlo nella vita reale. Esistono così blogger di successo, webmaster di successo, giornalisti on-line ecc. che la rete conosce bene, impazzano, girano tra i siti, vengono intervistati. Poi, come succede ai personaggi creati dal Grande Fratello, anche quelli creatisti nella Rete a volte saltano fuori e pubblicano libri, vanno in radio, pubblicano articoli ecc. A volte ci sono persone molto in gamba, più spesso sono fenomeni del momento. C’è democrazia culturale? Mah,
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Tanti: dare continuità a “Ore piccole”, pubblicare due libri di studi a cui sto lavorando, pubblicare il romanzo che ho finito di scrivere, cominciarne uno nuovo ecc. Insomma, un po’ di cose.
Fondo Verri a.c.
Presidio del Libro di Lecce
(stagione culturale primavera 2007)
in collaborazione con la Libreria Icaro
L’Aprile
rassegna di libri e di autori a cura di Mauro Marino
mercoledì 18 aprile 2007, ore 21.00
presentazione di Utero di Luna (poet/bar –Besa)
di Marthia Carrozzo
L’esordio di una giovane poetessa, il cui verso si spinge a connotare ogni gesto e movimento del corpo e dell’anima. Alda Merini scrive che Marthia Carrozzo, scrive bene, ma che soprattutto sa piangere che è cosa che la grande poetessa cerca nei nuovi poeti, nel loro stare nella difficoltà del Tempo. Utero di Luna è titolo misterico, che mischia all’ancestralità del sentire naturale, matrice delle forme universe, alla condizione d’un femminile che cerca e chiede ascolto, attraversato dalla luce, dal kaos e capace di ri-fare versi, nuove forme.
Questa poesia è scritta per essere recitata, è una drammaturgia che trova nell’autrice la voce ed è il teatro la sponda ispirativa, lo stare in scena che scalda e motiva il venire delle parole.
Utero di Luna è un canto sottile, ammaliante, dove il vissuto si sublima in un’estasi per versi e la Poesia trova la sua dimora più consona, ideale per far fiorire anche una prosa poetica delicatissima, dove oggetti, eventi, il narrare stesso non sono solo narcisismo della parola, ma ricerca di verità, continui resoconti del proprio vissuto, per poi gettarsi nel mondo, viverlo, gustarlo. Scrive Vanni Schiavoni nella post-fazione: “ C’è un gusto dell’assonanza, all’interno dei versi come all’interno dell’intero testo. Aiuta il continuo ritornare delle cose: i lati del corpo, la bocca, il sapore caramellato, quello inebriante e poi stucchevole (che è poi quello di ogni paradiso) ne viene quasi un mantra, una litania pagana, un verso ancestrale, un suono primigenio”.
una sola parola che scava la pelle
sui visi di migliaia di persone
come ombre sonore
in Ucraina o in Crimea
sui visi di migliaia di persone
come spettri tra macerie
dall’Azerbaigian al Kazakistan
dall’Ucraina alla Bielorussia
sui visi di migliaia di persone
come breve incanto …
DICHIARAZIONE DI PARTITO
“Rispetto Putin, Zhirinovskjy e i russi ricchi, tutta gente che ha raggiunto tutto quello che voleva. Forse però ci voleva un Fidel”.
(Seryoga, da D,
PUBBLICITA' / ADVERTISING Si dice che chi riesca ad arrivare in cima alla torre possa vedere esaudito qualunque desiderio. Rachel è una...